Partnership al progetto

Ho individuato come possibili clienti due docenti del Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza.

Il primo potenziale partnership da me scelto è professore Fabio Attorre, Direttore dell’orto botanico di Roma La Sapienza. Quindici anni di esperienza in programmi di cooperazione a livello mondiale. Il suo principale campo di ricerca è l’applicazione di modelli spaziali per valutare lo stato di conservazione di specie e habitat.

La seconda persona che ho individuato è la professoressa Giulia Capotorti, Dottore di Ricerca di Scienze Botaniche. La sua attività di ricerca è nel campo dell’ecologia vegetale in particolare la classificazione ecologica del territorio, valutazione ecologica, conservazione della diversità vegetale a livello di specie.

Intervista con il professore Attorre Fabio:

Vista la sua collaborazione con l’agenzia ONU, la FAO e le numerose altre esperienze e collaborazioni svolte all’estero e in Italia, quali sono secondo lei le emergenze a livello mondiale? In quali campi secondo lei è necessario incrementare maggiormente la ricerca?

La cosa più importante ad oggi è proteggere e salvaguardare le specie a rischio di estinzione, dovuta a diversi fattori, che altrimenti andrebbero perdute in modo definitivo. La protezione della biodiversità ha lo scopo di salvaguardare ecosistemi, habitat, specie e geni, ciò comporta un meccanismo a catena. Quindi la conservazione della biodiversità vegetale avviene attraverso due modalità:

  • “in situ” , una strategia di conservazione della biodiversità che avviene nell’ambiente naturale delle piante attraverso pratiche di salvaguardia di habitat e ecosistemi;
  • “ex situ”, una strategia di conservazione delle specie più a rischio in un ambiente naturale, ricreato appositamente per loro, in modo da poterle reintrodurre nel loro habitat in un secondo tempo.

Queste due strategie di conservazione sono complementari ed andrebbero utilizzate insieme per poter ottenere una strategia integrata. Entrambe le tipologie, infatti, hanno una fondamentale importanza in quanto forniscono materiale da reintrodurre nell’ambiente. Nell’orto botanico di Roma portiamo avanti una conservazione di tipo “ex situ” grazie alla banca del seme che ci consente di salvaguardare specie provenienti da tutto il mondo. Inoltre grazie alla biotecnologia, cioè all’impiego industriale di tecniche di ingegneria genetica e di biologia molecolare, è possibile produrre materiali biologici come ormoni ed enzimi. Una startup innovativa, basata sulla clonazione di un bireattore, da pochi frammenti di materiale genetico, ha creato centinaia di copie identiche alla “madre”. Nata nel 2014 le è stato dato il nome di Diflora . Ad essa hanno lavorato giovani neolaureati in un laboratorio a carattere sperimentale.

Vorrei rendere trasparente lo studio del mondo vegetale in modo sperimentale, tramite esperienze ed osservazioni pratiche. Esaminare le piante ponendo particolare attenzione sul loro ciclo vitale, l’energia che esse sviluppano e il ruolo che ricoprono nell’ambiente, evidenziando l’importanza che hanno per il benessere dell’uomo nella nostra società. In che modo si potrebbe sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica e in che modo si potrebbe acculturare su una situazione così critica a livello ambientale?

Sicuramente l’idea di creare laboratori didattici è vincente perché essi permettono di sperimentare in maniera pratica ciò che viene soltanto studiato in teoria. Il secondo modo per sensibilizzare, vista la società ipertecnologica in cui viviamo, è attirare l’attenzione della società attraverso metodi innovativi e intriganti, come le start up o i progetti che mostrino la botanica e la biologia sotto aspetti diversi ed in modo più accattivante.

Un progetto che potresti prendere d’esempio è “Eden project”; la sua nascita avviene in Cornovaglia nel 2001. L’ideologia geodetica è rinata in diverse interazioni, tra cui un sequel a Qingdao, in Cina, e una città denominata Mars Science City negli Emirati Arabi. Il progetto di Eden di Grimshaw, nel nord dell’Inghilterra, si basa su studi di attrazione eco-turistica e su un programma economicamente sostenibile che ha trasformato l’economia stessa, ha dato prosperità creando nuovi posti di lavoro in una regione con un alto tasso di disoccupazione. Il progetto sviluppa un dinamico sistema produttivo attraverso diverse attività tra cui uno shop, annesso, che spazia dal beauty agli articoli per la casa, così da poter rientrare dei costi necessari alla creazione e alla manutenzione.

Tenendo conto del suo dottorato nella conservazione delle biodiversità e nella pianificazione del paesaggio dell’ecosistema urbano di Roma e dell’insegnamento nello stesso campo, volendo creare una o più serre nel mio progetto qual è il microclima ideale che si deve creare al suo interno? In che modo è possibile conservare e tutelare la biodiversità al suo interno? Di che strutture necessità?

Trattandosi di serre bioclimatiche, le quali sfruttano il principio fisico dell’effetto serra, è possibile ricreare qualsiasi microclima al loro interno. Quando un raggio solare attraversa una superficie vetrata, esso cambia frequenza passando nel campo dei raggi infrarossi IR che danno calore. Nel periodo estivo, per evitare il surriscaldamento, la serra dovrà avere opportune schermature o ombreggiamenti vegetali ed aperture che agevolano il deflusso dell’aria calda innescando così un rinfrescamento naturale. Le serre sono sistemi solari passivi che permettono un miglioramento dell’efficienza energetica e del comfort quindi, addossandola a un abitazione o ad un edificio è possibile trarne vantaggio, possono essere un ausilio importante per diminuire il dispendio energetico, riducendo anche del 30% il consumo di energia per il riscaldamento.

Lei potrebbe creare una serra con specie tropicali e subtropicali. Al suo interno l’umidità dovrà rimanere costantemente all’80%, la temperatura potrà variare fra i 18°C e 20°C in inverno mentre dovrà rimanere intorno ai 30°C in estate. Richiederà un riscaldamento solo nei periodi in cui le temperature si abbassano in maniera prolungata nel tempo. Essa potrebbe rappresentare un esempio di elevata biodiversità delle foreste tropicali.

Un altro tipo di serra potrebbe essere realizzata con le piante succulente, cioè le grasse, che possono essere rappresentate dalle Cactaceae, dalle Euphorbiaceae e dalle Caudiciformi. Questa tipologia di serra richiede meno costi, infatti necessita di un impianto di riscaldamento solo nei casi in cui la temperatura scenda sotto lo 0°C.

Quali specie sono le più indicate per creare un “giardino dei sensi”?

Qualsiasi specie sia riconoscibile attraverso caratteristiche tattili, come la pubescenza nella Senecio cineraria e marittimus, o olfattive come la Melissa officinalis e il Pelargonium graveolens. Il giardino deve essere organizzato in aiuole rialzate rispetto al livello del terreno, in modo tale che sia più facile ai non vedenti poterle toccare, inoltre tutte le specie devono essere corredate da cartellini in Braille.

Quali specie botaniche sono fondamentali per la sperimentazione officinale e per un officina farmaceutica? Di quali spazi necessita?

Il giardino dei semplici ha origine nel medioevo ed era il luogo dove si coltivavano piante native di climi e paesi differenti, affinché i giovani studenti, le potessero studiare per imparare e poterle riconoscere. Sono considerate piante officinali le piante medicinali, quelle aromatiche e da profumo. Queste specie devono essere organizzate in aiuole in modo da rendere più agevole la loro manualità. Sarebbe il caso di inserire la Digitalis purpurea, l’Aloe vera e l’Atropa belladonna.

Potrei creare un invaso d’acqua privo di corrente per sviluppare una coltivazione di alghe? Di cosa necessitano?

Il loro habitat naturale è rappresentato semplicemente dall’acqua: fiumi, laghi e mari. Per sopravvivere, essendo soggetti alla fotosintesi, hanno bisogno di una sufficiente esposizione alla luce. Le alghe rappresentano gli organismi viventi che producono la maggior parte di ossigeno di tutto il pianeta. È necessario anche un sistema di ricircolo dell’acqua. Le alghe sono la forma di vita più adattabile sulla Terra quindi non necessitano di specifiche accortezze. Si potrebbe pensare di inserire anche delle specie vegetali acquatiche, quali la Nelumbo nucifera, la famiglia delle Cyperus e l’Iris pseudacorus.

Con quali specie potrei realizzare un sistema di inverdimento verticale o un tetto verde? Di che tipo di esposizione necessitano?

Purtroppo sono tecnologie che nel nostro paese sono ancora poco sviluppate, mentre nel Nord Europa sono ampiamente diffuse.

Le piante epifite, come muschio, felci e licheni, sono specie che per loro natura vivono su arbusti o alberi, usate semplicemente come sostegno; vengono anche definite piante aeree e hanno radici adesive o aggrappanti. Queste specie creano all’interno di un ecosistema ombreggiato un habitat sopraelevato sufficientemente illuminato per permettere il loro ciclo vitale. Sono anche in grado di assorbire e conservare l’acqua piovana ma necessitano di un’esposizione poco illuminata e molto umida. In ogni caso ci sono differenti specie che necessitano di condizioni e esposizioni diverse.

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